Imperia, 9 maggio 2018
Preg.mi
Sig. Massimo Silumbra
Presidente FEDERAVO
e Sig. Giorgio Colombo
Presidente AVO Liguria
Sono contenta che quest’ anno il tema
del Convegno sia “ Il futuro dell’ AVO”, un futuro che, se l’
AVO continuerà sulla strada tracciata dal suo beneamato fondatore,
Professor Erminio Longhini, caratterizzata da uno spirito di carità
attento a cercare di prevedere e soddisfare le necessità dei malati
e dei ricoverati, sarà sempre più roseo.
Osservando però quello che sta
accadendo quest’ anno, temo che l’ AVO rischi , poco per volta,
di estinguersi.
Temo, infatti, che con tutti questi
ultimi divieti, soprattutto quello dell’ imboccamento, i volontari,
anche se animati da un servizievole spirito di carità, si sentano
impediti e frenati in quell’ amore che li spinge a donarsi senza
riserve ai malati e ai ricoverati.
Anche a Imperia è accaduto che già
una volontaria modello, con tanti anni di ammirevole servizio alle
spalle, abbia deciso, momentaneamente spero, di non imboccare,
frastornata da questi divieti che per la nostra AVO sono
incomprensibili in quanto noi siamo completamente tutelati.
Se si fa un giro nelle corsie degli
Ospedali, attualmente si riscontra una diminuzione del personale
medico e paramedico: quei pochi operatori presenti vanno di corsa e
spesso i volontari non si sentono supportati nell’ aiutare ai
pasti i malati.
E’ un’ utopia pensare, nella crisi
globale presente in Italia, che lo Stato pensi a devolvere più
risorse alla Sanità e tantomeno ad aumentare il personale; i pochi
corsi di formazione professionale per OS e infermieri servono solo a
rimpiazzare quegli operatori che vanno in pensione.
I nostri rapporti con il personale sono
sempre stati improntati a una ottima collaborazione, però sempre
abbiamo lasciato che fossero loro ad assolvere a quei compiti propri
della loro professione. Il dar da bere e da mangiare non è una
attività di loro stretta competenza, essa può essere assolta
anche dai parenti e, in loro assenza, da noi dell’Avo.
Che senso ha tagliare il cibo e
lasciarlo davanti al malato solo e incapace di mangiare?
Istintivamente il volontario, vedendo la necessità, farebbe ciò
che ha sempre fatto: aiuterebbe col cuore.
Io mi riferisco agli ammalati che non
hanno problemi di disfagia (i disfagici giustamente ricadono tra i
compiti del personale specializzato) ai quali noi dell’Avo di
Imperia diamo da mangiare previo permesso del personale: lo facciamo
perché fin dal 2013 siamo tutelati.
Nella 1^ ci si accordava su una
collaborazione reciproca in cui però non era specificato l’
imboc- camento; per questa ragione abbiamo aggiunto al nostro
Statuto Avo un articolo in cui si prevede
esplicitamente l’imboccamento, sempre
su espressa richiesta del personale, e lo abbiamo portato alla
conoscenza del Direttore Generale dell’Asl il quale ha aggiunto
questo postilla nella successiva convenzione (2016-2018).
Noi, quindi, siamo perfettamente
tutelati e la nostra Asl ci rimborsa la copertura assicurativa sia
per la responsabilità civile sia per i danni contro terzi e ci
concede gratuitamente un locale quale sede e spogliatoio della
nostra associazione. Certamente se noi ci astenessimo
dall’imboccamento, cioè da una collaborazione concreta col
personale, e dessimo solo un sostegno morale, non so se potremmo
continuare ad usufruire di queste agevolazioni e svolgere il nostro
servizio.
Per aumentare la sicurezza dei
volontari con un piccolo costo aggiuntivo abbiamo stipulato con l’
Assicurazione Cattolica anche la tutela legale.
Per quanto riguarda la responsabilità
penale nel nostro caso essa sarebbe solo colposa: infatti qualora
dovesse succedere l’irreparabile, non può essere ritenuto
intenzionale l’atto di un
volontario Avo che fa il suo servizio
con Amore e animato dalle migliori intenzioni. In questo caso si
passa così solo al pagamento del danno per il quale siamo
assicurati e legalmente tutelati
Questo discorso è valido anche per le
due Case di Riposo per cui i volontari in servizio in queste
strutture godono delle stesse tutele.
A questo punto io propongo che, per
frenare la possibile fuga di volontari dall’ AVO e per una vita
futura e prospera dell’ Associazione, venga valutata una
Convenzione Sanitaria uguale per tutte le Avo d’Italia con le
conseguenti coperture assicurative.
Per quanto riguarda la proposta di
portare il nostro servizio a domicilio, presso gli ammalati appena
dimessi dall’ ospedale, temo che incontreremmo problemi molto più
grandi di quelli a cui andiamo incontro oggi nelle strutture
pubbliche.
Si potrebbe però iniziare col seguire
a casa gli ex volontari AVO malati e soli di cui già si conoscono
la serietà e lo spirito di carità.
Concludo ringraziando di cuore tutti
per avermi dato la possibilità di esprimere la mia modesta opinione
e mi scuso per non essere presente tra voi, ma sono impedita da seri
motivi famigliari.
Un caro saluto a tutti con la speranza
che l’Avo continui il suo cammino di Amore incondizionato.
La Presidente
Anna Santagata
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