Esperienze di volontariato

LETTERA DI RINGRAZIAMENTO

…..........grazie,

tra pochi giorni, saranno sei mesi che ho l'onore di indossare, fra un reparto e l'altro, il meraviglioso azzurro camice dell'AVO.
Ricordo tutt'ora, nell'ansia del non sapere se la mia domanda di iscrizione venisse accettata o meno, quanta voglia di “donare” riempisse il mio animo; ero “carico...”, stracarico di intime motivazioni, pronto a dare totalmente me stesso per portare anche un semplice sorriso, una carezza......., un minimo di “calore” a chiunque avesse bisogno soprattutto se incapace di chiedere aiuto.
All'inizio di questa meravigliosa avventura, intendevo il servizio AVO solamente come un “donare.....”, un donare e basta, un donare senza un effettivo “ritorno”ma..... fin dai primi servizi ho cominciato ad accorgermi di quanto, in realtà, mi stessi sbagliando....
In effetti, fin da subito e a più riprese, diversi “colleghi”, raccontavano di quanto, viceversa, ci si “arricchisse” a contatto con la sofferenza ma mai, mai avrei pensato quanto tutto ciò potesse essere meravigliosamente vero.....
Alla fine di ogni servizio, mi sento un uomo nuovo, diverso, un pizzico più vicino a Dio....., è come se ogni persona malata di cui cerco di prendermi cura, rappresentasse un “passo” verso la misericordiosa “luce.......”: un immenso crescere del senso di responsabilità, di solidarietà ed amore.
Ogni malato con cui si ha la fortuna di chiacchierare è l'apertura di uno sfolgorante scrigno di vita; una meravigliosa finestra spalancata sul mondo nel desiderio di condividere esperienze vissute; ogni persona che si aiuta a consumare un pasto; il regalo di un'emozione unica: quella di “imboccare”, nel vero senso della parola, la “vita....”
Vita che si manifesta nel massimo dello splendore e vicinanza a Dio quando alla fine del servizio arriva il “grazie.........”
“Grazie.......”, parola il cui significato, soprattutto in questo ambito assume un valore immenso....; spesso, nella sofferenza, viene solo sussurrata, altre volte è sottintesa in un meraviglioso e silenzioso sguardo stracolmo di gratitudine...., altre volte ancora, viene “pronunciata” attraverso una struggente disperata stretta di mano.....
Ecco Dio che si manifesta......, ecco il vero “arricchirsi” raccontato con così tanto entusiasmo dai colleghi....., ecco la “magia” del servizio AVO; non siamo qui certamente per sentirci dire grazie ma....... quel “grazie” pronunciato da chi soffre ha un qualcosa, in se, di veramente divino che va ben oltre il significato,  già pur splendido, della parola....; un qualcosa di meravigliosamente travolgente che prende il cuore e lo inonda d'Amore: un “grazie”, oserei dire, quasi pronunciato dal “Padre.....” da tanto il “suono” di quella parola metta in celestiale vibrazione perfino le corde più intime dell'anima.
Ora, è con il cuore stracolmo della stessa gioia che dico GRAZIE al presidente Anna Santagata per avermi permesso di entrare in questo stupendo “mondo” che è l'AVO, un grazie al mio magnifico tutor Renzo, il “maestro.......”, per la disponibilità, professionalità e simpatia, un grazie ai colleghi del turno del martedì con cui condivido un rapporto stupendo di rispetto, di stima e di fiducia, un grazie a tutti, tutti i colleghi dell'AVO che, purtroppo, non ho ancora avuto la fortuna di conoscere, per quello che hanno fatto, che fanno e che spero, tutti insieme, continueremo a fare, se possibile, con ancora più voglia ed acceso entusiasmo ed amore.
Ma soprattutto un “GRAZIE” a Dio per avermi donato questa meravigliosa e gioiosa vita e di darmi la possibilità, anche attraverso questa stupenda associazione, di contribuire, almeno in quella che è la mia infinitamente piccola ed umile parte, alla realizzazione del Suo magnifico “Disegno.........”

Stefano Villone


 
Qualcuno tesse la nostra vita




Ho appena iniziato il giro da volontaria in corsia.
Il mio umore non è al massimo; mi sto chiedendo se riuscirò a mettermi in sintonia con gli ammalati. Temo di essere condizionata dai miei problemi. Recito una preghiera in modo meccanico: in questi giorni Dio mi pare lontanissimo...
La donna delle pulizie è nella camera da cui solitamente inizio il mio giro. Entro nella successiva, per non essere d'impiccio.
C'è un'ammalata, da sola, il capo rivolta verso la finestra. Vedo una massa di capelli bianchi, la flebo. Avvicinandomi, scorgo vari oggetti stranamente sul davanzale interno della finestra: una bottiglia di tè , un bicchiere con addensante, due libri in lingua inglese, un tubetto di crema. Sul comodino:collutorio, garze, cotone...
Sono più vicina; scopro che l'ammalata ha una mano legata alla sbarra del letto. Non mi impressiono: so bene che si tratta di una misura precauzionale usata quando uno stato di agitazione incontrollato, potrebbe causare problemi al paziente stesso.
Le dita si protendono a cercare una stretta. Mi scuso per le mani fredde e cautamente prendo tra le mie quelle dita rugose e calde.
Due occhi azzurri e dolci mi dicono grazie, perché la donna non prova neppure a parlare.
Improvviso poche parole, pronunciate sottovoce.
I tratti somatici e la presenza dei libri mi inducono a pensare che la signora non sia italiana. Dico poche parole di incoraggiamento...
Chiude gli occhi assopita, ma non lascia la mia mano: rimango con lei in silenzio, nella penombra.
Quando si sente male, la stretta della mano si trasforma nella presa di chi cerca un appiglio, un aiuto.
Mi guarda fino in fondo all'anima e non ho nulla da dire..., io che solitamente sono loquace!
L'intervento dell'infermiera dà presto i suoi frutti e l'ammalata si riprende pian piano...e io riprendo a parlare quando i suoi occhi mi fissano penetranti.
Raccoglie tutte le forze e mi dice, a suo modo, che capisce l'italiano!
Ormai la mia mano è calda; glielo faccio osservare. Non mi ha scaldato solo le mani! Il mio cuore ora è caldo!
Guardo il Crocifisso appeso alla parete e lo ringrazio!
Entra affannata la figlia e mi spiega di essere irlandese. La sua assistenza è quasi continua: ecco spiegata la presenza nella stanza di tutti quegli oggetti... Mi esprime le sue ansie, le sue paure; accarezza con amore filiale quella dolcissima 85-enne che si chiama Nora.

Un altro filo della ragnatela che lega gli esseri umani è stato tessuto.
Silvia

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